Circa sette milioni di anni fa, durante l'era geologica
del Miocene, in seguito all'abbassamento del livello marino,
iniziò la deposizione gessoso-solfifera che diede forma
ad una sinclinale estesa da Percozzone a San Giovanni.
Gli strati di questa deposizione si trovano a Cabernardi
in senso subverticale, ciò spiega lo sviluppo della miniera
in profondità.
L'importanza di questa formazione, che si presenta come
un insieme di grandi bacini, aventi un'estensione che può
raggiungere anche i 10 km., discende dal fatto che essa
contiene abbondante zolfo allo stato nativo, il quale
è stato oggetto di attiva ricerca e intenso sfruttamento
industriale per molti decenni.
Lo
studio della zona solfifera di Pergola e Sassoferrato,
condotto effettuando rilievi geologici, era già in corso,
come testimoniano ad esempio le cronache del 1884, da parecchi
anni, che registrano concessioni di continuazione nell'indagine
mineraria.
Il bacino solfifero di Cabernardi forma un'ellisse
allungata che si estende dal Torrente Cesano (Pergola)
alla valle del Sentino (Sassoferrato). Lo sfruttamento della
zona nord della falda orientale, la prima ad essere esplorata,
diede luogo alla concessione Percozzone, nel 1877. Successivamente,
fu indagata più a sud, dal signor Dell'amore, la zona detta
Cafabbri, che risultò ancora più fortunata poiché si rinvenne
uno strato verticale abbastanza potente e riccamente mineralizzato.
Essa originò la Miniera di Cabernardi,
attiva dal 1887 e in
grado di produrre, fra il 1889 ed il 1899, 325.638 tonnellate
di minerale dal quale si ricavarono 65.517 tonnellate di
zolfo greggio.
La storia del bacino minerario di Cabernardi inizia intorno
alla metà degli anni 1870. Il 9 luglio 1877 si ebbe la dichiarazione
di scoperta e cedibilità di un giacimento di zolfo nell'area
di Percozzone. Tale atto sanciva, ad opera del Servizio
Minerario del Corpo Reale delle Miniere, la scoperta che
era stata effettuata dal sig. Pietro Brilli. Il 6 giugno
1878, fu data concessione per un'attività estrattiva ad
una Società di proprietà dei sigg. Francesco Armando Buhl,
Eugenio Buhl e Andrea Federico Deinhard. Nel 1899 la Miniera
di Cabernardi fu acquistata dalla Ditta Trezza-Albani. Il
passaggio di proprietà implica anche un aumento dei lavoratori
che da 200 raggiungono le 300 unità, nel 1904. Nel 1917
la Miniera venne ceduta alla Montecatini Società Generale
per l'Industria Mineraria. Nel 1920 il numero dei lavoratori
raggiunse il record di 840 dipendenti. Nello stesso anno
iniziarono degli scioperi, che si protrassero anche l'anno
successivo, finalizzati all'abolizione di una riduzione
dell'indennità caro-viveri.
Il
problema principale nella Miniera di Cabernardi era che
nelle gallerie i minatori dovevano difendersi dal grisou
(combinazione di gas metano con ossigeno), dal gas solfidrico
e dal calore che sprigionavano le rocce.
Per la zona la miniera era l'unico modo di lavorare e guadagnare
decorosamente, tanto che il villaggio si era talmente allargato
che la popolazione, nella punta massima, raggiunse le 3.000
unità. Nei mesi iniziali del 1952 la manodopera occupata
era di circa 1.400 operai con una produzione media di 870
tonnellate di minerale. I cubaggi di Cabernardi si quantificarono
in 180.700 tonnellate, quelli di Percozzone in 28.000 tonnellate,
per un totale di 210.000, considerati anche alcuni piccoli
cantieri ancora attivi ma ormai prossimi all'esaurimento.
Il rapporto della Società Montecatini del 6 maggio 1952
riporta che l'area mineraria risultava essere in via di
rapido esaurimento e si prospettava una riduzione della
produzione e quindi della manodopera; l'optimum sembrava
essere un quantitativo di 400-500 tonnellate giornaliere,
che implicava un totale di operai variabile da 665 a 817
persone rispettivamente. Ciò significava dunque una drastica
riduzione di oltre la metà del personale impiegato.
L'agitazione iniziava il 28 maggio del 1952 con l'occupazione
della Miniera (turno ore 14-22).
Prima della chiusura definitiva (5 maggio 1959), furono
collocati in pensione circa cento operai e più di trecento
furono trasferiti negli stabilimenti di Pontelagoscuro,
in Toscana, Sicilia e Trentino. Un'altra parte invece migrò
in Belgio.